9.9.15

L'espatrio ai tempi che Berta filava (1)















Questi ultimi tempi parlo spesso con Serena, romana pure lei, trasferitasi dalla Caput Mundi all'Australia e da lì in Scozia. Lei è dove io vorrei essere e dove lei non vuole essere (perché se ne sarebbe rimasta felice fra i canguri) e così mi sento come l'onere e il dovere di farle amare la mia Scozia dell'anima e la bombardo di messaggi di cose da fare, da vedere, da comprare, da mangiare.

Lei dice piove e fa freddo e io, che sono appena tornata nel deserto spagnolo, sogno uomini in kilt, verdeverdeverde, superoffertone dei supermercati, tea time, grigio e poi quegli sprazzi di sole e quella luce scozzese che non l'ho mai vista altrove.

Parlando e raccontandole le mie peripezie in terra di Wallace, Serena un giorno mi fa: dovresti però scrivere queste storie di espatrio pre-internet.
Effettivamente all'epoca internet c'era, ma solo in biblioteca, i cellulari pesavano 'na quintalata ed era l'anno che Ryanair fece BOOM.

Il mio espatrio - come quello di tanti altri è quindi stato un'avventura un po' solitaria/lonely planet nella preparazione, piena di malintesi nello svolgimento, eppure con nostalgia ripenso a quelle prime sfide, a quelle prime scoperte.


Missione # 1 dell'espatriato non tecnologico

Altro che googlemaps! Toccava trovare un posto dove vendessero una mappa della città per poi potersi orientare nella ricerca di una casa. La prima sera, arrivata a Glasgow verso le 7 di sera, mi toccò prendere un taxi per arrivare in ostello. Ci ripenso ora, che a Glasgow ci ho vissuto e ci ritorno e ci ritorno, che ero a circa 3-4 minuti a piedi, ma chi lo sapeva?
Il giorno dopo, mentre con la mia compagna di avventura basca compravamo qualcosa nel tipico negozietto aperto 24h, il pakistano alla cassa vedendoci disperate, ci regalò un tuttocittàglaswegian, che qualcuno aveva dimenticato nel suo negozio. E cominciò l'avventura di cercare un appartamento.

Quel tuttocittà scozzese ce l'ho ancora, spiegazzato e con qualche strada sottolineata e tanti punti interrogativi. Perché gli appartamenti mica si cercavano su internet, noooo!
Bisognava comprarsi il giornale o guardare nelle vetrine dei newsagent's, in cui c'erano fogliettini scritti a mano dai proprietari o da gente che cercava coinquilini. La basca aveva insistito che attaccassimi noi cartelli ai pali della luce - cosa comune in Spagna -, ma in Scozia dopo mezzora già li avevano tolti.
E così noi scarpinavamo su e giù, segnando numeri e facendo telefonate dalle cabine.
Ma chi li capiva, 'sti scozzesi? (che poi erano tutti indiani, ma vabbè)

Episodio significativo - dopo un tira e molla di chiama tu, chiamo io, speriamo che non sia un altro indiano incomprensibile, infine telefonata:

- Buongiorno, mi chiamo Cecilia (pronunciato Sesilia). Chiamo per l'annuncio della casa, bla bla bla ... quando ci possiamo vedere bla bla bla ... siamo in questa zona qua ...
- Anche subito, fra 15 minuti, siete in zona ... l'indirizzo è SISAIL Street ...

Ecco, lui lo pronunciava così, e noi, ok, vabbè, ci vediamo lì, ora cerchiamo sul fedele tuttocittà.
Ha detto Sea Sile? Seaside? C - Sigh?
Cerca, cerca, sfoglia, sfoglia, 'sta via non la trovavamo.
Richiama tu, no, richiama tu.
E di nuovo, SISAIL, fammi lo spelling. Oddio, non ti capisco comunque.

Vi vengo a prendere, gli abbiamo fatto proprio pena, aspettatemi alla fermata taldeitali della metro.
Menomale che la metro di Glasgow è una linea sola e poche fermate, quella almeno l'avevamo capita.


Arriva Mr Bollywood, ci porta a vedere la casa.
Vabbè, la solita stamberga piena di muffa, con l'umidità che manco nella foresta amazzonica.
Però c'è il microonde - ci dice - vabbè, ci penseremo.

In realtà io non è che lo stessi molto ascoltando, perché pensavo solo a scoprire come cavolo si chiamasse 'sta benedetta via.  Scarpina scarpina fino alla fine della strada per beccare il cartello con il nome.

Indovinate un po' qual era?

...
...
...
...

Cecil Street.

Cioè, io mi ero presentata come Cecilia/Sesilia, glielo avevo mandato scritto in un sms, e questo il mio nome quindi come cavolo lo avrebbe pronunciato?

Mai neim is SISAILHEEA.

Che scritto così sembra pure un po' indiano.

5.9.15

Quando ero povera

Avevo quasi deciso di non scrivere nulla sulla Scozia, come se fosse stato un sogno - ahimé troppo breve - tutto mio. Di quelli che vuoi chiudere gli occhi e ricominciare dal punto in cui lo hai lasciato e invece no, quello dopo sei di nuovo in Spagna, di nuovo al lavoro e menomale che questa prima settimana di settembre è stata clemente e non fa caldo bolli-neurone.

Io non so più che fare con questa mia relazione clandestina con la Scozia. 
È una amore vecchio 13 anni ormai, nemmeno tanto furtivo e nemmeno tanto impossibile.
Sono io che tentenno, ho paura che tornandoci davvero forse non ci amere(m)mo più.

Invece 'sta Scozia bastarda mi frega tutte le volte. 
Pioverà tutti i giorni, dicevano le previsioni, ma proprio tutti tutti. 
Farà 10 gradi - e ora dove lo ficco un altro maglione nei 10kg Ryanair? 
Due impermeabili due mi sono portata.

Ecco, questa volta ci avevo pure sperato di odiarla un po'. 
Hanno rifatto l'aeroporto di Prestwick, lo hanno tirato a lucido. Hanno levato la moquette che stava là da chissà quanti anni. Prima quell'aeroporto aveva un odore. Il primo odore di Scozia per me, della prima volta che c'ero atterrata e non sapevo ancora che l'avrei amata. Di umidità, chiuso, vernice, adrenalina da viaggio, un po' di polvere. Che detto così fa schifo, ma per me era il mio Welcome Home a naso. Questa volta non c'era, brutto segno.

Poi pure Glasgow l'avevano rifatta (quasi) intera  per i Commonwealth Games, eliminando tanti edifici vecchi e decadenti, di quelli con il muschietto e il nerofumo che mi piacevano tanto. Tanti, ma non tutti. 

Però poi camminare per le strade, come una guida della mia vita che fu,  narrare ad alta voce mi ricorda quell'amore, quel senso di casa del mio cuore.

Quando ero povera
(leitmotiv del viaggio, perché Margherita, che mi accompagnava, ha l'età che avevo io quando vivevo a Glasgow, e allora ogni frase cominciava così, ricordando quella gioventù squattrinata e arrabattata)














Quando ero povera vivevamo in 5 in quel rudere di casa della foto in alto a sinistra. Era un appartamento per due, con il microbagno che toccava mettere un piede nella vasca per sedersi sulla tazza. E i mobili venivano raccattati un po' per strada e le mie lenzuola e coperte erano di un charity. Come la coperta di Linus, io ricordo una coperta giallo canarino, calda calda, che avevo comprato un giorno per coprire il divano sfondato marrone scuro. Mi abbracciava e mi riscaldava insieme alle infinite tazze di tè e io leggevo libri su libri, presi in biblioteca - perché mica avevamo internet a casa e dovevo andare in biblio a usarlo - , dopo una passeggiatina ai Botanic Gardens, a riscaldarmi nelle serre.














Quando ero povera non potevo permettermi tante gite, allora andavo nei posti economici (tipo il bellissimo e spesso vuoto Dumbarton Castle, il castello dalle mille scale), o gratis, per esempio a Loch Lomond, che gli stranieri lo snobbano e se ne vanno a Loch Ness. Invece io prendevo un bus urbano che ci metteva 1 ora e 45 ad arrivare, coi vetri appannati e la puzza di chips della gente che ci mangiava dentro. Se andava bene mi sedevo al secondo piano e guardavo il verde e gli occhi mi dicevano: non è vero che siamo ciecati, è che non ci va di stare davanti al computer.
Poi arrivavo alla spianata dell'ultima foto e gli occhi, a dire il vero un po' ciecati, mi facevano credere da lontano che un orso stesse correndo verso di me. E io che ero più ginnica all'epoca fuggivo scivolando sul prato, per poi essere raggiunta da un labrador nero.














Quando ero povera andavo sulle isolette a caso e mi perdevo.
Great Cumbrae, da girare tutta tutta a piedi, verde verde verde, nessuno nessuno nessuno. Sfidare il fiatone e la poca ginnicità e salire fin su in cima, da dove si vede tutto perché, miracolo, c'è il sole e sto addirittura in maglietta. Me la ricordavo invasa da fiori gialli in aprile, l'odore di vaniglia che rende iperattivi. La ritrovo silenziosa, bella da ogni angolo, a pensare di ritirarmi a fare l'eremita e prendere il ferry con le vecchiette per andare a fare la spesa a Largs.














Quando ero povera e andavo a piedi a scuola, facendomi tipo 20km al giorno, a volte me ne andavo a passeggiare al cimitero non lontano, e mi sentivo un po' Keats e la vita era poesia. Essendo vicino alla fabbrica della birra Tennents, mi intossicavo coi fumi dell'alcohol e tornavo a casa rintronata e felice.














A Glasgow c'è il  Museo delle Religioni, gratis come la maggior parte dei musei, e c'è il giardino zen, dove ci becca l'unico acquazzone del viaggio, proprio mentre esprimiamo i nostri desideri e li annodiamo con un laccio colorato all'albero della speranza. Forse era già nell'aria che in un futuro vicino vicino si sarebbero avvicinati temporali? Non so.

La Scozia questa volta mi parla per scalinate e arcobaleni , scalate e labirinti e alla fine mi sento davvero un po' persa.