26.8.13

Day 9: Flensburg

Giornata tranquilla cominciata con un brunch pantagruelico vegano alla tedesca, con pani di 10 tipi, marmellate e cremespalmabili varie, pomodori e cipolle, yogurt, macedonia.

Credo di essere ingrassata almeno un paio di kg da quando sono partita, perché io di solito il pane non lo mangio e il pane tedesco non contiene aria come le rosette o le baguette, sono proprio mattoni con cui creare cellule corporee forti e resistenti al freddo estivo.

Poi armate di maglioni, sciarpe, giacche impermeabili e ombrello che infine è deceduto a causa del vento di questa parti, sotto la pioggia intermittente (della serie: nubifragio 2 minuti, poi sole, inzuppamento 3 minuti, poi sole, doccia 4 minuti, poi sole) ce ne siamo andate in giro nella zona dell'università dove ha studiato Geschedicesempredisì.

L'uni di Flensburgo i Flensburghesi non la apprezzano in pieno secondo me. O forse se a Agosto fa 'sto freddo il resto dell'anno mi sa che è impossibile apprezzarla. A passeggiarci da turisti invece è proprio un bel posto. Il campus è immerso nel verde, gli edifici non sono tutti accozzati gli uni agli altri, ci sono dei ponticelli, degli stagni, delle paperelle, i rovi di more, 3 mulini a vento, un fiumiciattolo, che perlomeno quando escono stressatissimi dopo aver fatto esami ad agosto (come un'amica di Gesche ieri, esame di 180 domande in tre ore, era distrutta) si possono rilassare un po'.

E poi la mia parte preferita.

Si tratta di una zona con sedie e sdraio comprate/trovate dagli studenti in negozietti o mercatini di seconda mano o per strada (perché mi pare ci sia un giorno al mese per abbandonare i mobili vecchi per strada e chiunque può raccattarli) e poi dipinte e decorate, e disposte in modo accogliente, circondate da vecchi water adattati a fioriere e cassette in cui sono state piantate zucche, zucchine e affini.

Mi chiedo quanto durerebbe qualcosa del genere nei posti incivili dove ho vissuto. Quanto ci metterebbero i soliti vandali a distruggere tutto e i soliti ladri a sentirsi furbissimi a rubare zucchine altrui. Me lo sono chiesta anche passeggiando dentro l'università, aperta e senza nessun bidello-gendarme a controllare che nessuno si portasse via i tavolinetti e le seggioline, le lavagne, le stampanti.

Ah, e poi un indovinello: secondo voi cos'è questo?



 


Sulla via del ritorno mi sorprende la pulizia delle strade, dei parchi, delle zone verdi.
Quante generazioni e modificazioni genetiche ci vorrebbero per installare nel DNA di certa nostrana gente il rispetto per la res publica

Poi una passeggiata per il centro, oggi popolato di gente che sfida la pioggia senza ombrello e senza lamentarsi, un pranzo mancato a un miniristorantino di zuppe vegane (quando ci arriviamo sta chiudendo), la tentazione di comprarmi un bel paio di sandali tedeschi da portare coi calzini, e un salto al supermercato dove i prezzi delle verdure mi ricordano che c'è qualcosa di positivo anche a Murcia.

Bella Flensburg e bravi i Flensburghesi che non sporcano, riciclano, vanno in bici, non urlano, e insomma sono veri cittadini.

25.8.13

Day 8: Flensburg - Danimarca

Flensburgo si trova a soli non so quanti chilometri ma pochi  dal confine con la Danimarca.
E così decidiamo di dedicarci a una delle attività che più ci piaceva quando vivevamo in Slovenia: sconfinare.
Quando ero piccola e con i miei cugini organizzavamo un casereccio circo sull'immensa terrazza del nostro palazzo io, oltre a essere la domatrice di mio leoncugino, facevo pure l'acrobata e passeggiavo su un filo invisibile, seguendo la linea delle mattonelle.
I confini sono un po' così, linee invisibili in cui un attimo sei in Germania e l'attimo dopo non hai neppure il tempo di fare una foto e già sei in Danimarca e ci sono due sexy-shop ad accoglierti.
L'idea iniziale è andare all'isola di Romo, sulla costa occidentale, ma vuoi per il maltempo, vuoi per il fatto che la copilota non copiloteggia e ci perdiamo dopo neppure 10km, alla fine decidiamo di seguire la strada ad est e fermarci a fare un giretto nella prima città che si presenti sul nostro cammino. Il temporale ci da giusto giusto il tempo di arrivare a Aabenraa.
Wikipedia racconta che nel 1948, con la riforma dell'alfabeto danese, che abolì la AA sostituendola con la å, in città ci fu una rivolta. Infatti si temeva di perdere lo status di prima città del mondo in ordine alfabetico, e di finire in coda, dato che la lettera å è l'ultima dell'alfabeto danese. Alla fine gli AAbenraanesi vinsero la loro battaglia e conservano il nome con 4 A, anche se il Danish Language Board consiglia di usare il nome con A dotate di palline!.
Aabenraa è la città in cui anche gli alberi portano le calosce, in cui ci sono tante casette azzurrecelestiblu e dove il cielo nero e il diluvio universale ci spingono a rifugiarci in un bar a prenderci un tè e goderci l'inverno dalla finestra.
Alla fine, dopo una passeggiatina per il centro, decidiamo di tornare in Germania, ma solo per poco.
In programma infatti, dato che ha spiovuto, è attraversare di nuovo il confine a piedi, passeggiare nei boschi e andare a fare un picnic lungo la costa danese, facendo impazzire il cellulare che mi bombarda di messaggi di benvenuto in Germania e benvenuto in Danimarca.


Ora posso dire di essere stata pure in Danimarca, anche se mi piacerebbe tornarci in futuro a visitare qualche città con la bcdefghilmnopqrstuvz e tutte le altre lettere con palline varie che mi mancano.

22.8.13

Day 11: Lubecca

Il Ferragosto in Germania non si festeggia e per me e Gesche comincia prima dell'alba perché abbiamo un treno da prendere insieme e poi le nostre strade si separeranno: lei se ne va a scalare il Triglav in Slovenia, io in Svezia a trovare la mia amichetta/sorellina Cecy.

Alla stazione per il freddo mi viene un improvviso mal di pancia e mi chiedo se i tedeschi riescano anche ad andare al bagno a comando, perché sono le 6 ma le toilette aprono alle 7.
Salutata Gesche prendo il mio primo treno da sola in Tedesconia, che mi porterà a Lubecca, la città del marzapane (c'è anche il salone del marzapane) e l'ultima tappa tedesca, scelta perché da lì parte il volo per Stoccolma e perché ho trovato una couchsurfer che mi ospita. Alla fine in realtà lei non può ospitarmi, ma non devo temere un notte all'addiaccio. Un suo amico infatti ha una stanza da offrirmi  e lei la giornata libera per fare la turista con me.
Viene a prendermi alla stazione coi suoi due microcani, e si prodiga a comprare veganità varie per colazione: pane, e spalmini e mortadelle/prosciuttelli vegan, che mangiamo a casa di Benni, caricandoci di energie per il giro della città. Paula e Benni sono amanti dei giochi di ruolo e la casa di Benni è piena di strani oggetti che usano nelle loro avventure fantastiche che mettono anche in scena travestendosi da personaggi vari. Viaggiare all'avventura permette davvero di conoscere gente davvero di tutti i tipi: uomini d'affari, anarchici-vegani, famiglie hippy, turchi in cerca di moglie, e ora i Cavalieri dello zodiaco.

Poi si esce e proprio accanto a casa c'è pure una pasticceria che fa dolci vegani, e allora tocca provare la torta di mele biologica. 

Lubecca è una città che sembra il set di un film. Nel senso che le casettine e stradine non mi sembrano vere, ma una ricostruzione di un mondo di altri tempi, dichiarate patrimonio dell'umanità dell'Unesco.
In centro il simbolo di Lubecca, la Hostentor, la porta della città,
inclinata come molti altri edifici a causa del fondale sabbioso su cui poggiano.
E wikipedia racconta che "durante la Seconda guerra mondiale, Lubecca fu una delle prime città tedesche a subire il martirio del maximum use of fire, la nuova tecnica della tempesta di fuoco messa a punto dalla Gran Bretagna allo scopo di fiaccare il morale della popolazione tedesca. Arthur Harris, capo del Bomber Command, scelse Lubecca come primo esperimento in quanto priva di industrie belliche e dunque scarsamente protetta dalla contraerea. La notte tra il 28 e il 29 marzo 1942, 234 apparecchi ricevettero l’ordine di distruggere la città in 140 minuti con 400 tonnellate di bombe, di cui due terzi incendiarie. Il Duomo e l’80% del centro storico vennero danneggiati, soprattutto il quartiere più antico intorno alla chiesa di Santa Maria, per un totale di circa 1500 case e 130 chilometri di facciate".

Oggi è un giorno turistico 100% e ci concediamo addirittura un giro in barca di un'oretta intorno alla città, che in realtà  è un'isola espugnata solo da Napoleone e Hitler, e poi saliamo in cima alla torre della Petrikirche per ammirare la città dall'alto.

Dopo una breve pennichella pre-pranzo, si va a mangiare a un posto vegetariano-vegano, il cafè Erdapfel (Fleischhauerstraße 14): patate al forno ripiene di ceci, lenticchie, insalata, pomodori, mais, ... Per 15€ mangio io e offro la cena ai ragazzi che mi hanno accolta.

Alle 5 nella piazza del mercato/municipio ci apetta Angela Merkel, che è in città per fare un discorsetto ai votanti; ad ottobre si vota di nuovo ed Angie, come la chiamano i suoi fan, fresca fresca di parrucchiere cieco, si presenta nella piazza della cattedrale, accolta da sostenitori, oppositori e curiosi, e da 2 minuti di musica tecno.
Io non è che me la sia mai filata molto, a parte quando capitava che Berlusconi facesse su di lei qualche battuta scema. Non sapevo che quelli della ex-Germania dell'ovest la considerano una contadinotta dell'est e la prendono in giro per il suo accento.

La giornata a Lubecca si conclude così, devo andare al letto presto perché verso le 3.30 mi toccherà svegliarmi. Auf Wiedersehen Deutschland.
Statua del diavolo accanto alla Marienkirche.
La leggenda racconta che il diavolo credeva che i muratori che costruivano la chiesa stessero in realtà costruendo un pub. Quando scoprì la verità cercò di distruggere la chiesa, ma venne convinto di non farlo con la promessa di costruire un pub proprio di fronte alla Marienkirche.

20.8.13

Day 16: Stoccolma

Ultimo giorno di viaggio e primo giorno di giri solitari.
Oggi mi sarei dovuta spostare in ostello a Stoccolma, per poter prendere il pullman per l'aeroporto alle ore occhiaie e mezza. Poi però ho scoperto che c'è anche un pullman alle 4:07 che passa vicino casa e allora pernotto a Solberga, ma oggi gironzolo a Stoccolma.

Io amo camminare. Camminare non troppo velocemente, né troppo lentamente.
Fermarmi a fare foto e osservare dettagli.
Non mi spaventa macinare km, basta non essere troppo carica e avere il mio ipad-mappa-perditi-con-tranquillità-che-io-ti-riporto-a-casa.

E allora dopo aver accompagnato Lili all'asilo ed essere passata dal supermercato per comprare gli ultimi biscotti e cioccolata al mirtillo (urge dieta e disintossicazione) mi sono messa in marcia per la capitale.

Ieri già avevamo fatto un pezzo di strada che avrei dovuto ripercorrere oggi, ma io ovviamente non me la ricordavo e mi sono subito persa. Però poi il campanile della chiesa sul cucuzzolo della collina è stata la mia stella polare, e saltando di isolotto in isolotto, eccomi in centro.

La pausa pranzo l'ho fatta al cimitero, ce n'era uno lungo la strada ed era pieno di gente seduta sulle panchine che mangiava panini e insalate o si faceva un riposino. Qua verso mezzogiorno gli impiegati dei vari uffici si riversano per le strade, per andare a divorare piattoni di cibo di proporzioni spropositate. Eppure non ho visto cicciottoni, sarà che tanta gente va in bici, inclusiipostini, che c'è gente in giro che fa jogging, che a spingere carrozzini di bimbi su e giù ci si fa i muscoli e che il grasso lo dovranno immagazzinare per il freddo polare.

Oggi però fa caldo, sono in maniche corte, c'è un sole che mi fa venire l'abbiocco e mi obbliga a sedermi ogni mezzora e rubare il wifi alle barchette da crociera dell'arcipelago, ancorate in attesa di un carico di turisti.

Non ho in mente un itinerario, né nulla di particolare da vedere. Avevo pensato di andare a vedere la città di Pippi Calzelunghe, http://www.junibacken.se/, mica me lo ricordo se ci sono stata in una delle altre visite in Svezia. Però alla fine decido di rifuggire la folla, vagabondare e godermi il sole vicino al molo, guardando i biondoni che passano.

Si conclude così il mio viaggio, e devo dire che ne è proprio valsa la pena.

Da domani Roma, dieta disintossicante e riabituare il cervello all'idea che non si sveglierà più ogni giorno in un posto diverso.

Le vostre di vacanze come sono andate!?

(nei prossimi giorni scriverò post su alcuni dei giorni che mancano, perché per un po' di giorni in Germania non ho avuto l'ipad e devo 'mettermi in paro').

Ora le mie scarpe sono davvero da buttare

La mia Orsa Polare


Pranzetto al cimitero

Rubando internet alle barchette che passano

11.8.13

Day 7: Hamburg - Flensburg

Abbandoniamo Amburgo di cui non ho visto proprio nulla e dimentico, ahimé, il carica-ipad a casa dell'amico di Eva, condannandomi a qualche giorno di bloggara inattività.

Viaggiamo in treno con un intelligente sistema tedesco per ridurre le spese dei biglietti. Si tratta di una specie di car-pooling, o condivisione viaggi in macchina, ma funziona anche per i treni.
In Germania esiste infatti il biglietto del treno giornaliero per gruppi di fino a 5 persone (kleingruppenkarte) ed esistono pagine web come:
di viaggiatori che si accordano per prendere il treno alla stessa ora e sulla stessa tratta e condividere le spese del biglietto giornaliero. Chi lo compra e si prende l'onere di cercare compagni di viaggio è probabile che viaggi gratis e ci guadagni anche qualcosina.
C'è gente che ha trasformato questo sistema di viaggio in una vera e propria professione (illegale!) e si dedica a riunire viaggiatori e scarrozzare un gruppo giù, uno a ovest, uno a est. Si dice che c'è gente che ci guadagna fino a 2000€ al mese. Io so solo che con questo sistema abbiamo risparmiato 22 euro di biglietto!

Oggi viaggiamo verso Flensburg, dove vive Gesche, in compagnia di una ragazza con l'ipod che non ci si fila e un ragazzo che ha organizzato il viaggio e ci spiega dettagli delle zone che attraversiamo manco fosse un wikipedia vivente.

A Flensburg ci accoglie la pioggia e il cielo carico di nubi, e Gesche che vive in un appartamento in cui il bagno ha due porte e si può fare il giro di tutta casa in cerchio che quasi viene il mal di mare.
Oggi è giornata di festa di mezzestate, anche se a me sembra più mezzinverno, e al centro sociale cittadino hanno organizzato un pranzo vegano. Bisogna portare qualcosa da condividere con gli altri e così noi ci presentiamo con un pentolone di lenticchie, patate e altre verdure preparato da Gesche e ci pappiamo due piattoni di altre veganità senza sapere esattamente cosa siano. Devo dire che sinceramente mi sarei aspettata qualcosa di più sociale, invece tutti se ne stanno seduti a gruppetti, ci sono i soliti cani, i soliti hippy dai piedi neri, i soliti piercing e tatuaggi, ma di spirito di condivisione ben poco. Però è tutto buono e allora non mi lamento!

Che sarà tutta 'sta roba?




Pranziamo e ce ne andiamo sotto la pioggerella a scoprire la città deserta. È domenica e in giro non c'è nessuno. Flensburg (90000 abitanti) non è una meta proprio turistica. È a due passi dalla Danimarca (e i Danesi fino al 2003 ci venivano a frotte a comprare alcolici e tabacco, poi i prezzi sono stati equiparati ed ora sono i norvegesi e gli svedesi che vanno in Danimarca a fare shopping) ed è molto vichinga.

Passeggiamo lungo il molo, dove il mercatino della domenica vende giacche a vento e calosce, poi percorriamo la via principale, per la prima metà popolata di piccoli negozietti di artigianato, e oggetti tutti diversi che poi lascia il posto alle solite grandi marche, i cui negozi non sembrano però spavaldi come in altre città.

A Flensburg mi si rompe l'ombrello e devo mettermi tutti i miei vestiti estivi uno sopra all'altro per l'invidia di mamma rimasta a Roma a 40 gradi.

Flensburg me la immagino come luogo prescelto per scrivere libri di pirati e intravedo Corto Maltese in un vicolo. A Flensburg mi colpiscono soprattutto le giacche a collo alto della gente, segno che qua quando c'è vento ti si porta via e si porta via il rumore, lo stress, le preoccupazioni e la vita altra, quella in cui hai una casa e non 12 kg di bagaglio.


10.8.13

Day 6: Frankfurt - Hamburg

Il sesto giorno ci si sveglia con tranquillità, e perlomeno Eva e Konrad, perché io potrei essere la loro mamma e alle 8 già non dormo più pur essendomi addormentata verso le 3.
Il fatto che non ci siano persiane o tende in camera non aiuta, e mi chiedo se i nordici abbiano le palpebre più spesse perché non li sveglia manco il sole a picco sul letto. Allora cerco di rificcare tutto nel trolley, in cui i vestiti zozzi si riproducono e il sacco a pelo, tirato fuori dal suo sacco non ha molta voglia di riessere compresso.

Poi mangiamo pane e patè al curry per colazione, perché lo stomaco di noi veri vegani non ha limiti, tritura il cibo cruelty-free ed eccoci di nuovo pronte a partire.

Oggi, per la felicità di mamma che non ha di certo amato i miei due ultimi autostoppost, prendiamo il pullman, che ci porterà da Frankfurt a Hamburg in 6 orette, attraverso un bel tocco di Germania. Abbiamo avuto la fortuna delle viaggiatrici disorganizzate, e per 18€ macineremo più di 500km, fornite di internet, film di Mr Bean, tè, caffè e robe varie per cui vuole comprarsele, un autista che non sta zitto un secondo e alla fine mi sembra quasi troppo facile viaggiare così.
Il viaggio è verde verde verde, come la compagnia dei pullman http://meinfernbus.de/ che se viaggiate in Germania è una sorta di Ryanair terrestre ma coi sedili belli comodi.

Davanti a noi sono seduti una tedesca trentenne tutta in tiro e un tedescone Paperone sessantenne e lei non smette di sbaciucchiarlo e scompigliargli i capelli, sotto lo sguardo di disapprovazione di una coppia di nonnetti vecchio stampo che tracannano bottiglie di birra manco fosse acqua.

Nel dormiveglia mi rendo conto che mi fa pure un po' male il pollice, e che oltre al gomito del tennista e il ginocchio della lavandaia, nei libri di medicina dovrebbero aggiungere il pollice dell'autostoppista e il polso dell'ipaddaro.

Arriviamo a Amburgo sul calar della sera e ci accoglie un bel temporale che ci obbliga a rinunciare alla passeggiata prevista e a prendere la metro. Senza pagare. Poi dicono che in Italia non paga nessuno. Beh, noi abbiamo fatto le portoghesi sia a Francoforte che a Amburgo, sfidando la sorte e i controllori in borghese.Non si fa, non si fa.

A Amburgo ci ospita l´amico di Eva, un altro couchsurfer vegano che ha un´ascia attaccata dietro la porta. Menomale che non è uno sconosciuto, mamma stai tranquilla, e io me ne vado a letto prima di tutti i giovincelli presenti, perché alle 7 dovremo svegliarci, Flensburgo e Geschedicesempredisì ci aspettano e ad Amburgo mi toccherà tornarci in futuro.


9.8.13

Day 5 bis: Francoforte

Non vi ho detto che a Francoforte io ci sarei dovuta andare 10 anni fa.
Di ritorno dalla Svezia, dopo un anno in Scozia, l'idea era passare per Francoforte e poi girare un po' per la Germania del sud e calare in Italia in treno.
Invece a Francoforte mi ero fermata solo all'aeroporto, perché alla fine quella vacanza non era andata per niente bene, e ci avevo passato 7 ore, a leggermi i tarocchi da sola e a meditare sul futuro.

Quell'anno la mia vita avrebbe potuto prendere una piega completamente diversa, sarei potuta andare in Georgia a lavorare in un'ambasciata e invece, dopo l'estate ero finita a lavorare in un ristorante di Granada.

E così Francoforte mi era rimasta un po' sullo stomaco, ma poi era a 250km circa da Strasburgo e allora non me lo sono ricordato. Eva pure partiva prevenuta, perché ci era passata in pullman durante un viaggio di 13 ore di ritorno da o in partenza per e aveva visto solo le strade moderne del quartiere finanziario ed aveva accettato di fermarcisi solo perché avevamo trovato un couchsurfer disposto a ospitarci.

Così quando Konrad ha dovuto riattaccare il suo turno al supermercato Vegano, noi due armate di ipadmappa ci siamo avventurate verso il centro. 

E mano mano che passeggiavamo, senza dircelo e senza esserci raccontate le nostre esperienze negative in questa città, ci ricredevamo passo passo.

In primo luogo ci accompagnava un bel sole, poi qua e là spuntano dei graffiti di quelli che piacciono a noi, delle belle piazzette, un parco con papere affamate, negozietti e non solo negozi delle solite grandi marche, gente di tutti i colori, vecchiette vestite di fuxia, un lungo fiume dove passeggiare, gli immancabili e terribili lucchetti appesi ai ponti.

Una città viva, colorata, in movimento. Un po' hippy, molto eco, vegan-friendly.
Ecco, un posto dove non mi dispiacerebbe tornare e rimanere un qualche mese.     

Day 5: Strasburgo - Francoforte

Gasate dalla nostra fortuna autostoppistica del giorno precedente, scommentiamo sull'orario di arrivo a Francoforte: io dico alle 16.20, Eva più giovane e positiva dice le 15.20.

Partiamo alle 10 e il primo tratto lo facciamo in tram/autobus, con cui magicamente si attraversa il confine ed eccoci in Deutschland. Mi piacciono i confini, metti un piede di qua e ci sono le baguette, uno di là e 'profuma' di krauti.

Scegliamo di appostarci all'entrata di un distributore e non abbiamo neppure il tempo di tirare fuori il cartello che si ferma una coppietta che non deve fare benzina, ma che ci offre un passaggio verso Baden-Baden, il cui nome la dice tutta. Baden: fare il bagno, e infatti questi due se ne vanno a passare la giornata alle terme, di cui raccontano grandi meraviglie.

Avremmo dovuto immaginare che Baden-Baden è per questo una città molto snob ed è difficile trovare un posto dove piazzarci pollice in alto. Non che sia illegale, anzi passano 3 macchine della polizia e ci ignorano, ma ci ignorano anche tutti gli altri, finché non si ferma una signora che si offre di portarci qualche km più il là, alla stazione dei treni, e poi all'improvviso cambia idea e ci molla ad un svincolo, dove ci raccatta subito un'altra macchina che ci molla a un altro svincolo.

Nei passaggi perdiamo il cartello plastificato che rivela la nostra direzione, e la nostra posizione non è proprio ottimale. Mentre io disegno un nuovo cartello sul mio vecchio biglietto del treno, vediamo i minuti scorrere e penso che la scommessa la vincerò io.

Ma si ferma una macchina verde, e una ragazza silenziosa ci porta 30km più a nord, dove neanche facciamo in tempo a scegliere dove sistemarci, che si ferma un camion tutto blu, e il camionista tedesco di origine turca se la ride, mentre cerchiamo di issare le valigie su nella cabina e dietro si forma una fila di macchine, che invece che tirare giù tutti i santi del paradiso e suonare il clacson, aspettano pazienti e infine si parte.

Siamo fortunatissime perché il tipo tatuato e sorridente va diretto all'aeroporto di Francoforte, e dato che è illegale stare seduti in tre in cabina, io devo nascondermi dietro i sedili, dove c'è un comodo materassino, e mentre Eva ridacchia e offre carote all'autista sorpreso, io mi faccio una bella pennica e siamo a Frankfurt in un batter d'occhio.

E di nuovo non abbiamo neppure il tempo di scendere e attraversare la strada, che ben 2 macchine si fermano per darci un passaggio.
Prendiamo la prima ed infine sono io a mantenere la conversazione in inglese con un tipo cicciottoso elegantone che di solito non prende autostoppisti, ma è venerdì, è felice, è il suo ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze e lui non dovrebbe neppure passarci per Francoforte città, e invece carica sul gps l'indirizzo che gli do, ci porta proprio sotto la casa dove passeremo la notte, e se ne va lasciandomi il suo biglietto da visita. La sua ragazza ha una specie di società che si occupa di trovare spagnoli (ingegneri, matematici, ma anche carpentieri, operai) che vogliano abbandonare la Spagna e trasferirsi qua, perché a quanto ci racconta, per i tedeschi è così facile trovare lavoro che alcuni sono addirittura troppo pigri.


La scommessa l'ha vinta Eva, sono le 3.20 quando arriviamo a destinazione.

Ed aspettiamo Konrad, il couchsurfer vegano che ci accoglierà, e che lavora in un supermercato vegano della catena Veganz con bar - tavola calda.

E così il nostro pomeriggio Francofortese comincia con una pizza margherita vegana, e quasi mi viene da piangere per quanto è buona. E perché è la prima volta che entro in un supermercato dove leggo le etichette per capire cos'è un prodotto, ma con la sicurezza che non ci saranno né latte, né uova, né burro, né animaletti morti.

Mi consolo pensando che se in Spagna esistesse qualcosa del genere sarei obesa.




8.8.13

Day 4 bis: Strasburgo

L'itinerario del nostro viaggio io ed Eva l'abbiamo scelto guardando a occhio le distanze su google maps e pensando: chi conosciamo lì? Chi sarà l'anima pia che ci accoglierà in queste nostre peripezie alla Jack Kerouac?


Perché all'inizio l'idea di Eva era portarsi la tenda e piazzarla sotto un ponte? Dietro un autogrill? Nella piazza principale di qualche paesino? Allora a quel punto ho pensato che era meglio fare ricorso alla mia proverbiale faccia tosta e a couchsurfing e trovare qualcuno che ci ospitasse.

E allora si comincia con Paolo, un mio vecchio compagno di classe, che non vedevo praticamente dal liceo e poi da una pizza-rincontro di qualche anno fa.
Passiamo dalle tue parti, non è che hai un pavimento o divanetto da offrirci?

Paolo ci offre un tour della città, il suo letto e un frigo in cui fa capolino un litro di latte di soya e vari yogurt pure questi di soya e biscottini vegani. E io penso che menomale che si è dimenticato com'ero al liceo, insopportabile e mentalmente perturbata, che io se avessi quel ricordo di una persona non so se vorrei ospitarla a casa mia dopo 100 anni che non la vedo.

Lo aspettiamo facendo un picnic con couscous comprato al Lidl in Francia e una baguette che Eva mangia a mozzichi, una breve sosta in un parco con gli alberi tutti in fila, e poi via, a scoprire Strasburgo chiacchierando in inglese e italiano, una città che io immaginavo - al pari di Bruxelles - modernissima e internazionalissima. Invece Paolo ci racconta che è piuttosto un grosso paesotto, dove gli abitanti alsaziani purosangue lo guardano storto perché non si è ancora sposato e riprodotto.

E ci racconta un sacco di dettagli, ma nella mia mente vegana rimane quello del ponte accanto alla vecchia macelleria da cui affogavano le adultere, rinchiudendole in gabbie e gettandole nel fiume insieme a tutti gli scarti della macellazione.
A Strasburgo poi si può lavorare come 'chiudi-catenella-del-ponte-rotatorio', cioè come addetti a non far passare nessuno quando uno dei ponti viene girato per far passare le barchette turistiche e non. Ecco, insomma, il mio cervello cattura dati davvero storici.

E poi le strade sono pulite e ben tenute, alcune stradine del quartiere La PetiteFrance (chiamato così perché fu costruito per accogliere i malati di sifilide, anche detto il male francese) a tratti sembrano Disneyland, con le casette di legno con il telaio a vista, c'è un negozietto che fa la piazza al taglio romana, la birra è buona, ci sono tanti bei localini e piazzette, la cattedrale gotica alta 142 metri di sera viene illuminata con un bellissimo gioco di luci e colori e al supermercato trovo i biscotti (vegani) alla cannella di cui parlano in tanti e una specie di nutella della stessa marca.

Insomma, Strasburgo meriterebbe una visitina più approfondita, ma per questa volta il viaggio è un assaggino di tante città e allora alla prossima, Paolo, e grazie mille per l'ospitalità!

Day 4: Besançon - Strasburgo

Quarto giorno avventura!

Da Besançon a Strasburgo di passaggio in passaggio.
Si sa quando si parte, non si sa quando si arriva.

L'ideale sarebbe trovare un viaggetto diretto, ma oggi l'avventura prevede conoscere la Francia attraverso le macchine e gli accenti di tanti francesi.

Eva è l'esperta di queste cose, io per precauzione mi porto appresso un rosario francescano e un coltellaccio svizzero e speriamo che butta bene. Capisco sempre più il francese ma nelle conversazioni non partecipo, Eva si occupa di intrattenere i guidatori e io guardo il paesaggio e le nuvole che a tratti si fanno minacciosissime ma ci risparmiano.

50km li facciamo in macchina con un coatto che viene lui a chiederci se vogliamo un passaggio e fuma in macchina, io guardo le mucche e le fattorie e penso che è meglio che aspettare per strada, dove le vecchiette ci osservano con aria di disapprovazione, mogli di mezza età sgomitano mariti curiosi con la faccia da vorreimanonposso e coppie di maschietti ci fanno grandi sorrisi e gesti di dispiacere perché non possono fermarsi.

5km li facciamo con una mamma e la sua bimba piccolapiccola, che ci sorride quando sono ferme al semaforo e allora la mamma ci da un passaggio fino all'autostrada.

Dopo nemmeno un minuto ci raccatta un giovane elettricista che per pranzo mangerà una bella baguette con uno dei formaggi più puzzolenti del mundo, in bella mostra sul cruscotto, comprato fresco fresco e suicidio respiratorio per me. Con lui un'altra cinquantina di km. Fa lo splendido con Eva che lo conquista coi suoi occhioni blu mentre io trattengo il fiato.

E poi siamo a Belfort ed è mezzogiorno, ora di pranzo e prime goccioline di pioggia e in giro non c'è quasi nessuno. Mezzoretta e qualche biscotto più tardi, ed ecco che si ferma supercar, e scende un cugino francese di Rambo, in tuta mimetica, con un tatuaggio che serpica su per il collo a salvarci dall'imminente temporale. Io mi affosso nella parte posteriore della macchina, fra la mia valigia e lo zainone di Eva e scrivo sul blog, guardando dai finestrini che sembrano oblò. E faccio la lista delle cose da fare prima dei 40 anni: autostop-fatto. Imparare il francese: ...

L'ultima tappa, a 35 km da Strasburgo, ferme in mezzo a una strada dove non passa nessuno e quando stiamo per avviarci a piedi verso il paesino più vicino, un turco che cercava un bagno si ferma sorpreso . E ci porta fino a sotto casa di Paolo, dove passeremo la notte, ma prima pausa al ristorante di un suo amico-fratello-cugino a prenderci un tè e infine, la meta, dopo circa 6 orette di viaggio.

Alla fine non è stato poi così male.


Rambo




Ce l'abbiamo fatta!

7.8.13

Day 3: Besançon

Giornata piovosa e casalinga oggi, a prepararci per la tappa di domani impacchettando tutte le cose della valigia in buste di plastica in caso continuasse a piovere e in cui ci siamo divertite a mangiare come sfondate e farci foto sceme.
Non immaginavo però che la foto pubblicata qui sotto avrebbe suscitato tanto clamore fra chi mi segue su facebook.
Perché cavoli figli miei, pubblico foto quasi ogni giorno, e la panza fino a due giorni fa non ce l'avevo, lo Spirito Santo avrebbe proprio dovuto fare un lavoro velocissimo, non credete?

E giù a congratulazioni, di gente che non sentivo da parecchio tempo.

La gravidanza ti dona.
Sei raggiante.
Wow, come sei in forma?
Maschio o femmina?
Che bella pancia.
Sarai una mamma fantastica.

Nessuno mi ha chiesto però chi era il papà del nascituro.
Si vede che quando una arriva a 37 anni il miracolo è rimanere incinta e chissenefrega come e con/di chi.

Insomma, mi è toccato spiegare a tutti che si trattava di una bella insalatiera africana, ficcata sotto la maglietta perché dobbiamo portarla in regalo dal sud della Francia al nord della Germania e non sappiamo dove metterla e io per scherzo ho detto che quella sarebbe stata la migliore soluzione.

Poi voi pensate che io che condivido tutto, che scrivo addirittura un blog, sarei stata capace di tenermi 'sto segreto per 9 mesi?

Comunque fra poco si cena e con tutto quello che abbiamo preparato è probabile che una panza come quella della foto mi verrà!

6.8.13

Day 2: Besançon

Si prevedeva una giornataccia di pioggia, ma il cielo mattutino smentiva le previsioni.

Ci aspettava la ricerca equipaggiamento da viaggiatrice no-limits per Eva, che dal 15 agosto attraverserà l'Europa molto più avventurosamente e precariamente (senza di me) per partecipare insieme a un amico tedesco a un progetto solidale http://tramprennen.org/ che si propone di raccogliere fondi per garantire l'accesso ad acqua potabile a vari villaggi in India e Nepal.
Il suo profilo è questo http://tramprennen.org/follow-us/teams/?id=146, ed Eva è alla ricerca di sponsor, disposti a donare 10€ che serviranno a finanziare una giusta causa. Quindi cari lettori, forza e coraggio, è il momento di fare una buona azione!

Tornando a noi, in mattinata dunque è stato il momento di trovare lo zaino adatto, il sacco a pelo, il materassino gonfiabile, poi un veloce pranzetto a casa e subito dopo, data la temperatura mite di questa cittadina circondata dal verde, giù per la collina per visitare il centro e la cittadella http://fr.wikipedia.org/wiki/Citadelle_de_Besançon, patrimonio mondiale dell'Unesco. Qui sono nati i fratelli Lumiere e Victor Hugo, qui per le strade non ci sono quasi turisti anche se a quanto pare tantissimi stranieri vengono a frequentare corsi di francese al CLA http://cla.univ-fcomte.fr/index.php?page=home&hl=en_US.

Poi verso sera una sosta-merenda alla Gare d'Eau, http://fr.wikipedia.org/wiki/Jardins_de_la_Gare_d%27eau, una zona verde in riva al fiume Doubs, dove armate di melone, biscotti vegani e cioccolata fondente abbiamo fatto merenda e ci siamo godute un po' di silenzio.

Besançon non è tirata a lucido come Dijon, ma è comunque molto curata e mi ha colpito la genialità di una semplice idea per evitare che i cittadini buttino gomme da masticare per terra.

Poi ritorno in cima al colle ormai stremate, cenetta vegana, chiacchiere infinite a luce spenta quando saremmo dovute andare a dormire presto. E temporale notturno coi fiocchi, con corsetta in giardino a ritirare i miei vestiti giornalieri lavati a mano, perché quando si è on the road meglio lavare ogni volta che si può.


BONJOUR

APPICCICA LA TUA GOMMA USATA QUI


5.8.13

Day 1: Roma - Dijon - Besançon

Non prendevo il treno per una lunga tratta dai tempi dei miei viaggi lampo in Slovenia.
All'inizio da Roma a Dijon avevo pensato di prendere il pullman, poi però il treno diretto con cuccetta costava solo 20€ in più e si viaggiava di notte, e allora ho pensato perché no?

Perché no?

Perché il mio vagone era l'unico senza aria condizionata, e se non fosse insorto un signore italiano il cui figlio aveva una crisi respiratoria, avremmo fatto la sauna.

Il vagone accanto, vuoto e fresco, l'abbiamo allora preso d'assalto, facendo un tam-tam in italianofranceseingleseagnolo, mentre il povero controllore non sapeva che fare e dire e ci ha lasciati passare, valanga accalorata.

Per me si prospettava una notte in scompartimento da 6, rovente, con due cinesi puzzolenti di fumo, che alle 8 avevano apparecchiato, tirando fuori le tipiche vaschette di alluminio di riso, involtini e fritture varie e che avevano subito rovesciato una lattina di birra per terra e sugli zainoni degli altri due compagni di viaggio, due hawaiani cicciottoni che sulle brandine mica ci entravano.

Poi il treno è stato fermato, sono venuti tutti i controllori, il capotreno, e tutte le giacche catarinfrangenti presenti e alla fine ci hanno detto che potevano rimanere nel vagone fresco, a patto di rispettare lo stesso numero dei posti prenotati.

E così è stata una notte a tratti gelata nel vagone successivo con gli stessi compagni di viaggio più uno salito nel cuore della notte, e un'oretta di ritardo accumulata.

E poi una giornata passata a Dijon, a vagabondare con la valigia al seguito, e raccontarci le peripezie di un anno (quelle di Eva decisamente farebbero impallidire Willie Fog, dagli pseudo-studi Danimarca al volontariato in Africa in furgoncino, poi ritorno in Francia, Germania a lavorare coi disabili, vacanzina in Francia-Germania e fra 10 giorni autostop fino alla Polonia), e a riposare e sguazzare nel minilaghetto-piscinetta di uno dei parchi cittadini, popolato da bimbi entusiasti ed adolescenti finalmente lontani dagli schermi di cellulari, playstation, computer.

Dijon: la città delle civette, una delle città più pulite che io abbia mai visto, gente in bici, bus turistico gratis, silenzio, praticamente zero turisti, spazzini a non finire, polizia qua e là, bei dettagli, a misura di famiglie e di gente tranquilla.

E poi il viaggio verso Besançon, la mia prima esperienza con www.blablacar.com (condivisione viaggi in macchina, risparmio monetario, energetico ed incontri interessanti) con una signora cinquantenne francese che ha vissuto 5 anni a Roma e racconta in francese (che magicamente riesco a capire sempre più) tutte le cose dell'Italia che le mancano (prima fra tutti il crodino, poi i Carabinieri, che secondo lei sono tutti gnocconi eleganti) e quelle che la facevano incavolare.
E raccontando raccontando sbaglia strada e se non fosse per google maps sull'ipad saremmo finite a Lione!

E infine arrivate alla prima destinazione, Besançon, casa di Eva, mangiato mezzo cocomero e finalmente riposo.

Picnic cinese sul treno

Verdeverdeverdemucchemucchemucche

Ritrovarsi dopo un anno


al fresco


3.8.13

Buone vacanze

Avevo quasi pensato di aprire un nuovo blog.

Perché nonostante tutti i buoni propositi di viaggiare, imparare lo svedese, viaggiare, omologare i miei titoli in Scozia e trasferirmi, viaggiare, non desiderare di defenestrare alcune persone, viaggiare, quest'anno è stato di adattamento e poca attività.

Sono tornata in Italia 6 volte in 7 mesi, e mai per una tranquilla vacanzina.
Ho sempre voluto rendermi conto di persona qual era la situazione con nonna che entra e esce dall'ospedale, Aikosa che è sempre più vecchietta e un sacco di altre faccende che meglio non pensarci.

E la situazione è quella che è, non si può bloccare il tempo.

Ma si può accarezzare un'Aikotta quando lei te lo permette.

Da quando sono arrivata ad oggi Aikotta mi aveva un po' ignorata (stava parecchio male, ha avuto una specie di ictus e ha una zampa dolorante e mezza paralizzata) invece stamattina ha deciso di concedermi un po' di minuti di sgrattugiamenti e scompigliamenti pelo, e anche il mio momento preferito in assoluto, quando ci mettiamo fronte-a-fronte e mi pare che tutti i suoi pensieri siano i miei.


E poi si può andare in ospedale a trovare nonna, che è proprio stanca, e apre gli occhi, mi guarda e mi dice: sei secca secca. E io le dico che pure te, che fai non mangi?, e chissà se allora è per quello che ieri ha mangiato di più. 

Gli ospedali d'estate. Credo che chi si lamenta tanto della sua vita, oddio che depressione, oddio che vita difficile, me tapino, forse si dovrebbe fare un bel giretto in un ospedale ad agosto.
Si rimette subito tutto in prospettiva insomma.

Io quando sto a Roma ho la tendenza all'apatia.
Certo, ci arrivo sempre stanchissima, in toccata e fuga, con un carico di sonno accumulato non indifferente, e ci trovo il frigo pieno e l'aria condizionata e niente topi o pazze furiose in casa.
E allora mi impoltronisco.

Che fa pure bene pigreggiare un po', leggersi 7 libri in 7 giorni, mettere a posto l'armadio e vedere che vestiti si possono modificare, aggiustare e riusare e che cose si possono regalare. Andare al cinema con mamma, a prendersi un gelato, cenare al tavola in compagnia.

Però poi arrivo a un punto che lascio il tempo scorrere e faccio giusto 2 cose al giorno e con grande fatica. 
E allora, dopo aver dubitato per giorni e giorni, essendomi resa conto che la mia presenza comunque non cambierà la situazione, ho deciso che parto.

C'era quest'idea in ballo da un paio di mesi, ed è un'idea ballerina, perché c'è un punto di partenza, vari punti intermedi e poi sorprese Ryanar dell'ultimo minuto.

E dato che questo è stato pure l'anno che se scrivevo dove andavo e i piani precisi alla fine saltava fuori qualche imprevisto, beh, vado in Francia, Germania, forse Danimarca e Svezia, ma di piani praticamente non ne ho fatti,  e così non c'è il rischio che poi vadano in fumo!
 

Buone vacanze!