24.11.12

Di sangue, aquile e mafia

Ultimamente alcuni amici scherzando mi chiedono
1) ti droghi? (ma se non bevo neppure alcool!)
2) hai intenzione di fare concorrenza a Paulo Coehlo? (nooo, neppure mi piace!)
3) fai parte di una setta? (No, della Mafia Vegana)

Questo perché sono sempre felice.
Sorprende anche me, che due anni fa ero Miss Stress e Miss Incavolatura, a volte addirittura Miss Miesceilfuocodagliocchieilfumodalnaso.

Sarà davvero il karma?
Sarò stata miracolata?

Lunedì sono andata a donare il sangue.
La mia prima donazione di sangue vegano al 100%.
Valori dell'emoglobina di 2 punti più alti di quando ero vegetariana.
Mamma, sei più tranquilla? Il sangue è uscito bello rosso, non verde!
C'era un'infermiera nuova, e così dopo avermi chiesto svienitifaschifoilsanguetifapauratifamale, hanno deciso di farle fare il suo primo prelievo. Mi ha leggermenete sfondato il braccio, ora ho un livido nero che sembra che ho pulito la lavagna col gomito, e mi da l'impressione che mi abbia levato più sangue del dovuto (2 sacche?) ma vabbè, mi sono ripresa velocemente e se il mio sangue light e senza grassi può servire a diluire il sangue di qualcuno con il colesterolo alle stelle, ben venga, e magari i miei globuli vegani convincono i suoi a cambiare vita ed alimentazione, chissà!

Martedìmercoledìgiovedì sono passati in un soffio, lezioni lezioni lezioni, ripetizioni ripetizioni ripetizioni, cinemacinemacinema, comprato biglietto di ritorno a Roma a Natale rendendomi conto che è già Novembre e non Ottobre come il mio cervellino pensava e che quindi il prezzo del biglietto equivale a una quindicina di ore di ripetizioni e non una decina.

Però venerdì avevo una bella attività a cui partecipare, la visita al Centro di Recupero Animali Selvatici di Murcia.

Lì erano finite (spero) le tartarughine che il mio ex coinquilino aveva comprato per sua figlia per poi capire che anche degli esserini così piccoli hanno bisogno di attenzioni quotidiane.
Io le avevo curate tutta un'estate, quando a una era venuta una specie di congiuntivite e non mangiava più, e io le facevo gli impacchi di camomilla e le preparavo colazioni speciali.
Li ci sono una capra altezzosa e un caprone innamorato.
Lì vive un riccio dormiglione che soffre il solletico.
Lì hanno accolto un cinghialetto-baby parzialmente cieco che non faceva altro che scodinzolare.
Lì vengono portati gufi, civette ed altri volatili che si sono scontrati coi fili dell'alta tensione.
Li c'è un'aquila con un'ala spezzata, che però ci prova tutti i giorni a volare.
 
 
Chissà se un giorno ci riuscirà.

Ieri sera poi sono andata a cena al ristorante vegano con un'amica, che è rimasta sorpresa dalla bontà delle minestre, dalla varietà delle tapas (ceci siciliani, frittelle di zucca, seitan impanato, torta rustica alla verdure, crocchette di soya e spinaci, verdure ripassate in padella) e arrivate al dolce (torta al limone e crema con uvette) mi ha detto: ma allora non è vero che questa roba vegana non ti riempie lo stomaco!
Io ero troppo occupata a mangiare e mi sono scordata di fare foto!
Ma intanto ci torno stasera, con altre 2 amiche, le mie coinquiline, e 2-3 ragazze che non conosco ma che hanno aderito al invito su facebook.
Stasera riceverò anche la prima consegna della mafia vegana: un chorizo vegano, un insaccato tipico di queste parti che però io non ho mai provato nella versione carnivora, dato che sono arrivata in Spagna già vegetariana.

Giusto per confermare che mi sto trasformando in Paulo Coelho, vi lascio un bel video e vi auguro buon weekend!


17.11.12

MI HANNO INTERVISTATA ...

Alcuni di voi avranno già letto uno stralcio dell'originale in inglese di questa intervista.
Un paio di settimane fa ho dato ai miei studenti di inglese intermedio, come compiti a casa, da scrivere un'intervista. A me. Dovevano inventare le domande e le risposte.
La maggior parte di loro mi hanno chiesto le stesse cose:
Perché sei in Spagna? Tornerai mai in Scozia/Italia? Qual è il tuo cibo preferito?
Le risposte sono state alcune azzeccate, altre molto fantasiose.
Poi c'è stato lui, Javier, che ha capito in pieno qual era lo spirito di inventare un'intervista e avere la possibilità di far dire alla propria prof. tutto ciò che voleva. Eccovela qua, tradotta dall'inglese. Certo, il tema potrebbe ferire la sensibilità di qualcuno, ma prendiamola nella sua ironia, ok?
Ieri è stato un giorno felice per Cecilia Costantini. Ieri Cecilia ha lasciato la prigione dove è stata rinchiusa per 20 anni.
Oggi, 2 novembre 2032, è una giornata fredda, piove senza sosta e Cecilia è qui, seduta davanti a me. Porta una maglietta blu e dei jeans, gli stessi vestiti che portava tanto tempo fa. Ma oggi non è più la stessa donna di allora, i suoi occhi non brillano più, ha i capelli cortissimi e il suo sorriso è scomparso.
Cecilia divenne tristemente famosa il 20 novembre 2012, quando uccise 20 dei suoi studenti all'Università di Murcia.
J: Salve Cecilia, come si sente?
C: Salve. Sto bene. Mi sento molto bene.
J: Che piani ha per il futuro?
C: Ho moltissimi piani. Voglio fare tutto ciò che non ho potuto fare durante tutti questi anni. Voglio viaggiare, tornare in Scozia, vedere la mia famiglia, passare del tempo con i miei amici.
J: Com'è stata la sua vita in prigione?
C: Preferisco non pensarci. Ho passato tanto, troppo tempo lontana dalla mia famiglia e dal mio fidanzato ed è stato molto difficile. Come ho detto, non voglio più pensarci.
J: Ora che il tempo è passato, tutti vogliono capire perché ha fatto ciò che ha fatto.
C: Nessuno mi capirà, ma le mie ragioni erano estremamente serie. I miei studenti del gruppo B.1.3 erano terribili, scrivevano composizioni noiose piene di errori, non le rileggevano, dovevo correggere e correggere.
Dovevo comprarmi una penna rossa nuova ogni settimana. Passavo il tempo a leggere stupide storie. E un giorno non ce l'ho fatta più e ho deciso di darci un taglio.
J: Si pente di ciò che ha fatto?
C: Sì ... e chiedo perdono per tutte quelle morti ... mi dispiace.
Che ne pensate?
1) Quando avevo riconsegnato le precedenti composizioni corrette devo averlo traumatizzato ripetendo svariate volte che per correggerle avevo usato una penna rossa intera!
2) Il 20 novembre 2012 è martedì e ho appena finito di correggere le composizioni della classe di Javier, tutte piene di errori e tutte uguali ... e ho finito una penna rossa intera per correggerle.
.... ecco, se mi vedere al telegiornale della sera del 20 novembre, saprete perché ...
(Ovviamente scherzo, non vorrei che qualcuno mi mandasse la polizia in classe! Javier verrà pubblicamente premiato per questa composizione, gli regalo un apribottiglie scozzese, anche se mi chiedo cosa potrebbe scrivere se si beve una birrozza la prossima volta che gli do da fare una composizione).


13.11.12

Zucchero, ti odio!

E non mi riferisco al cantante!

Non sarà un'apologia dell'essere vegani ... anche se da quando lo sono non ho più mal di testa, non ho preso il solito raffreddore con i primi freddi, faccio un sacco di esperimenti culinari, sono sempre felice, dormo meno ma più profondamente, la cellulite sparisce, non ho l'abbiocco dopo pranzo, né la pancia gonfia e potrei continuare per un'altra ventina di righe ed è solo passato un mese e poco più dal mio cambiamento di vita alimentare.

Però dato che tutti erano un po' preoccupati che la mia vita sociale ne risentisse, e c'è ancora chi mi chiede: ma che mangi allora, solo insalata e pomodori?, volevo condividere con voi le mie ultime scoperte ed avveganture.

A Murcia c'è un ristorante vegano. Non c'era quando me ne sono andata nel 2011, non so quando è stato aperto, e non avevo avuto occasione di andarci fino a venerdì ... e sabato. Ero stata in vari ristoranti vegetariani in giro per il mondo, ma un vegano mai.

(Per esempio, in Australia, a Melburne, vi consiglio questo http://lentilasanything.com/, in cui fra l'altro è il cliente a decidere quanto pagare. E a San Francisco questo http://www.anandafuara.com/index.html, in cui l'atmosfera è rilassata e i piatti abbondanti. A Glasgow invece prossimamente tornerò qui, http://www.monocafebar.com/, dove oltre a mangiare vegano si può ascoltare musica; a Edinburgo c'è invece questo take-away di patate al forno ripiene, buonissime e giganti http://www.yelp.co.uk/biz/baked-potato-shop-edinburgh).

Ho deciso di proporlo a un'amica, incrociando le dita affinché fosse buono come me lo aspettavo. E sì, lo è stato. Cibo delizioso, ambiente rilassante, un ristorante con i bicchieri spaiati e in cui si entra e si lascia la frenesia del mondo fuori. Ho mangiato  la zuppa di amaranto, la pizza alle verdure (senza formaggio ovviamente!), il crumble e chiacchierato con Isabel come se fossimo nel salotto di casa mia. Abbiamo parlato di viaggi, di libri, di quanto sono belli e tosti i Sikh.

Sono tornata a casa con una bustona di melanzane, mandarini e insalata regalo fresco fresco dell'orto di Isabel e con la sensazione di aver fatto proprio la scelta giusta, sia riguardo al ristorante che alla scelta di vita.

Ci sono tornata sabato sera, perché attraverso il gruppo facebook vegetariani/vegani di Murcia avevamo organizzato un incontro, e il ristorante aveva chiuso le sue porte al pubblico per accogliere noi. La cena è stata di tapas vegane, e per la prima volta nella mia vita ero seduta a un tavolo dove la maggior parte della gente mangiava quotidianamente ciò che mangio anche io. 
Insomma, nessuno mi chiedeva: ma perché lo faiiiii? Nessuno mi diceva: ma come fai a vivere senza prosciutto? Nessuno mi offriva tonno spacciandomelo per verdura.

So che a voi sembreranno cretinate, però è come stare in un Paese straniero per tanto tempo e alla fine ritrovarsi con una persona che parla la propria lingua. Anzi, con 25. 

Dato che a voi di queste farneticatizioni forse non importa poi molto, bel, vi lascio un link di un po' di foto foto foto. Sono sia cose cucinate da me, che piatti vari provati al ristorante. Così vi fate un'idea più precisa di ciò che un vegano può mangiare, anche in abbondanti quantità (dato che si tratta di tutti cibi poco calorici).

E parlando proprio di questo argomento, vorrei riconoscere sulla pubblica piazza che ho scoperto l'acqua calda. Per essere una brava vegana pensavo di dover rinunciare ai dolci. Anche perché la maggior parte di quelli confezionati, biscotti, merendine, tortine, contengono ingredienti che sono off-limits per me.

E invece no.
È da circa 1 mese che a cadenza settimanale faccio plum-cake alla frutta (nelle foto sono quelle specie di pani allungati da colore marroncino) che hanno la metà della calorie di quelli che vendono.
Come? Non ci metto l'olio, e soprattutto non ci metto lo zucchero (e neppure l'aspartame, la saccarina o il fruttosio!).
Ora, io prima ritenevo questa cosa impossibile.
Un dolce senza zucchero? E che dolce è?
Beh, è un dolce buonissimo, e che non ci porterà sulla strada del diabete!

Insomma, la società ci frega e ci porta a pensare che solo lo zucchero è dolce.
Ma non è per niente vero. Ci condannano a essere ciccioni e dipendenti da sostanze, tipo zucchero, sale e compagnia bella, che non sono per niente necessari per cucinare bene.

Volete la ricetta?
Eccovela qua, sono le quantità per fare un dolce piccolo, di circa 4 porzioni.
Io ai tempi vegetariani facevo il tipico dolce dei vasetti di yogurt, così ho provato a farlo in versione vegana.

Vi serve un vasetto di yogurt di soya, possibilmente al cioccolato ... gnam gnam!
Poi riempite il vasetto per tre volte di farina e la mischiate con lo yogurt. Io ho usato la farina di spelta, di cui non avevo mai sentito parlare fino a un paio di mesi fa. Poi vado su wikipedia e scopro che altro non è che farina di farro spelta!!!
Poi, dato che ne avevo in abbondanza, ho preso 3 mandarini (circa 150 grammi), li ho spremuti, ho aggiunto il succo al mix e con quello che rimaneva della polpa ho fatto una pappetta e pure questa è finita nell'impasto.
Ho aggiunto circa 30 grammi di datteri (ma qua potete sbizzarrirvi con uvetta, prugne secche, noci, nocciole) e due cucchiaini di non-uovo, che sarebbe questo. Lo avevo comprato online, ed era ora di usarlo! E poi una bustina di lievito e il gioco è fatto!

Ne è venuto fuori un dolce buonissimo, sofficissimo e che ha solo poco più di 200kcal per 100g (e il fatto di aver aggiunto i datteri ha contribuito a questo innalzamento calorico!)  .... così buono, così buono che fra colazione, pranzo, cena, merenda in un paio di giorni è finito!

Menomale che ne ho fatti due! L'altro in una versione un po' diversa, con a farina integrale, il latte di soya, la papaya e il mandarino, e senza no-uovo.

Che aspettate? Provateci anche voi!
La vostra curva glicemica vi ringrazierà!






10.11.12

6: Granada

Granada era un tappa non prevista nell'itinerario iniziale.
Poi Monica e Tereza hanno chiesto di poterci fermare - almeno a pranzo - e fare un giretto per il centro, e così abbiamo rinunciato ad Almeria e abbiamo deciso di fare una breve tappa lì.
Io di Granada mi ero innamorata nel Novembre del 1999. Dell'Alhambra, الحمراء, la Rossa,  per precisione, acciambellata come un gatto sul colle della Sabika. Misteriosa, labirintica, dove l'acqua la fa da padrona, e canta e danza nei palazzi e nelle sale, nei giardini e nel Patios de los Leones.
Ora la paragono al Castello di Edinburgo, e scrivo mentalmente una storia d'amore, in cui i protagonisti non sono uomini e donne, ma muri e torrioni, e passaggi segreti e chiari di luna.
L'Alhambra viene considerata una delle 7 meraviglie del mondo moderno, e per entrarci bisogna fare i biglietti con largo anticipo, e dedicarle un giorno intero, a passeggiare, sedersi ed ascoltare gli uccelli che si nascondono fra gli intarsi arabi delle pareti, scoprirla, fotografarla e sognare ad occhi aperti di non essere nel XXI secolo, ma alla corte di Nazar il Rosso.
Andateci in inverno, quando non è così piena di turisti, senza sciarpa e senza guanti, e sentite come il freddo vi entra nelle ossa, eppure non potete abbandonarla, vorrete scoprirne ogni angolo.
All'Alhambra non ci siamo andate, ma l'abbiamo ammirata da lontano, dal Mirador de San Nicolàs, pieno di hippy - i perroflautas di cui ho parlato qui -, coi loro cani e le loro bancarelle di chincaglieria.
Prima avevamo passeggiato per il centro fra souvenir e banchetti di spezie, poi per l'Albaicin, il quartiere arabo (qua le info in spagnolo), con le sue viuzze piene di teterias (sale da tè) e di negozietti, in cui ho comprato dei pantaloni bragaloni di cui non pubblico foto per non far prendere un accidente a mamma. L'Albaicin odora di incenso e purtroppo anche di pelle, e di cucina d'oriente.
Per pranzo Tereza ed Elisabet approfittano delle offerte della cucina locale. A Granada infatti, nella maggior parte dei locali, si ordina una bevanda e si riceve gratis una tapa (guardate qualche foto qua). Spesso è il locale a decidere che tapa regalare, nel nostro caso un panino carnivoro e delle patatine. Io ho scelto invece di mangiarmi una pitta con falafel buonissimi, in un microlocalino di cibo da asporto in una delle viuzze. La signora sdentata che lo gestiva mi ha chiesto perché ero vegana, perché non usavo più neppure i latticini, e alla mia spiegazione ha annuito pensierosa.
A Granada non ci tornavo dal 2004.
Granada l'ho amata poeticamente e poi l'ho anche un po' odiata, perché ha coinciso con una fase della mia vita non proprio facilissima.
A Granada vivevo sul balcone verandato di un appartamento sgangherato, lavoravo in un ristorante italiano i cui padroni mi avevano assunta per pietà, a Granada ho imparato i nomi di un sacco di piatti di pasta, ho dato fondo a tutta la mia fantasia per rallegrare i clienti e farmi lasciare buone mance, ho dormito con materasso per terra, che fa molto hippy e fa pure freddo, ho giocato milioni di partite di parchìs.
A Granada al ristorante non ho riconosciuto un cantante famoso spagnolo e dato che i padroni lo chiamavano Miguel, Miguel, Miguel, ed era venuto fuori dall'orario di lavoro, ho pensato che fosse un loro cugino, e gli ho detto: Miguel, dato che qua sei di casa, la bottiglia di vino apritela da solo, che il cavatappi non è per mancini e io sono impedita.
A Granada dei clienti americani mi hanno chiesto manzanilla e io ho pensato che fosse camomilla, non sapendo che si trattava anche di vino!
Granada è il mio passato e su Granada c'è un detto:
(Fagli l'elemosina, donna, che non c'èe niente di peggio nella vita
che la pena di essere cieco a Granada)
Infine,tutte le foto del mio viaggio le trovate qua.

9.11.12

5: Malaga

Malaga è stata la sorpresa del mio viaggio.
Nel corso degli anni avevo visitato Granada, Cordoba, Siviglia, però la città di Antonio Banderas e di Pablo Picasso no, l'avevo sempre ignorata.
Ma dato che volevo vedere qualcosa di nuovo, ho proposto di fare tappa in questa città, un po' timorosa che, se si fosse rivelata come la immaginavo, avrebbe deluso e magari fatto arrabbiare le mie compagne di viaggio.
Io mi aspettavo tutta un'altra cosa, decisamente più negativa.
E allora penserete: ma che questa è masochista, che pensando che un posto è brutto a priori vuole comunque andare a vederlo?
Sì, lo sono.
Per Malaga mi aspettavo quello che Gibilterra è stato.
Una città decadente, un po' zingara, un po' sporca, un po' sgarrupatella.
E anche arrogante, rumorosa, magari puzzolente.
Sensuale, fumosa, sudata.
Ho temuto quando lungo la strada siamo passati Marbellabrutta, così coatta e boriosa.
Ho temuto quando il navigatore ci ha condotte sotto la pioggia fuoricittà, perché a Malaga è difficile parcheggiare e così eravamo apparentemente lontano da tutto.
Poi però siamo arrivate all'hotel, che paragonato a quello di Ronda, per lo stesso prezzo era nuovo, moderno, silenzioso.
Poi però abbiamo preso un autobus che fermava proprio a pochi metri e in 10 minuti eravamo in centro, senza doverci stressare a cercare il parcheggio.
Cercavamo un posto per mangiare e io temevo già che avrei digiunato.
E invece un'amica di Elisabet ci ha consigliato un bel posticino, non proprio economico, ma di qualità, dove mi sono avvicinata di soppiatto al cameriere e gli ho spiegato che nonmangionécarnenépescenéuovanélatticini e una soluzione l'abbiamo trovata: un buonissimo salmorejo e a delle verdure al sugo con picos y colines (simili ai grissini, ma corti o a ciambellina). E addirittura ho invogliato Monica, che queste cose non le aveva mai provate, ad ampliare i suoi orizzonti alimentari!
Dopo pranzo abbiamo girato a caso per le vie della città, ammirando la Cattedrale dell'Incarnazione (eccola qua) con i giardinetti pieni di gatti, le viuzze del centro, e poi la salitona fino al castello a bruciare le calorie del pranzo e in anticipo della cena e ad ammirare il mare e la zona bassa della città, con il Comune (l'edificio giallo nella foto) e il porto.
Poi siamo scese dall'altro lato della collina, e ci siamo dirette proprio verso la zona portuaria.
El puerto de Malaga è stato un'altra bellissima sorpresa. Una zona curata, pulita, dove passeggiare piacevolmente, prendersi un bel tè caldo, ammirare le imbarcazioni, riposarsi dopo la lunga camminata, godersi la brezza marina.
Immaginare come sarebbe vivere la propria vita sul mare, pensare che prima o poi dovrò farmi una vacanza in barca.

Chiacchierare fra donne di relazioni amorose e di errori del passato, e riderci su e pensare che potrei continuare a viaggiare all'infinito, che quando sono on the road mi scordo del mio appartamento, del mio lavoro, dei vestiti stipati nell'armadio, dei quintali di libri e oggetti che riempiono la mia stanza e vivo felice con il contenuto di un trolley.
Proprio al porto e sul lungo mare ho pensato che a Malaga potrei viverci, per qualche anno almeno, io che la Spagna è da un po' di anni che non la sopporto più. Vedremo ... di sicuro vorrei tornarci, perché il pomeriggio è passato veloce, e abbiamo trovato un supermercato giusto poco prima dell'orario di chiusura, dove abbiamo fatto approvvigionamenti per una cena al sacco.
Abbiamo sbagliato fermata dell'autobus al ritorno, ma fortunatamente non ci siamo perse. Ci siamo rintanate in hotel e abbiamo fatto una cena al sacco in stanza con il cartello Vietato mangiare o cucinare nelle camere in bella vista sulla porta.
Eravamo troppo esauste per uscire e poi ci rimaneva ancora qualcosa da vedere la mattina dopo, la spiaggia di Malaga, a pochi minuti a piedi dal nostro hotel.
Il giorno dopo sveglia all'alba,  il richiamo del mare o della colazione, si scende al lungomare, pieno di gente che fa jogging, padroni e cani, e zero turisti. L'autunno ha chiuso i bar e ristoranti, ce ne sono giusto due aperti e vuoti, non ci sono i venditori di sardine che le arrostiscono direttamente sulla spiaggia, c'è solo silenzio, vento e blu.

(Le sardine - poverine - vengono arrostite direttamente dentro queste barchette lontane dai ristoranti, in modo da non affumicare i clienti)
Ed è ora di rimettersi in marcia verso casa, e si nota che non ci va proprio, ci tratteniamo con le nostre tazze di caffè qualche minuto più del dovuto, e poi di nuovo in macchina per concludere il nostro tour-de-force con una toccata e fuga a Granada.

(Tutte le foto del viaggio le trovate qua)

8.11.12

4: Ronda


Dopo la spiaggia solitaria, ci addentriamo nell'entroterra e Elisabet, che è l'unica che guida, si ritrova ad affrontare due delle sue paure al volante: guidare in salita E guidare con la nebbia.
La cittadina di Ronda (che già avevo visitato nel 2000) si trova sul cucuzzolo della montagna, e come Budapest è divisa in due parti dalla gola di un fiume, il Guadalevìn, con uno strapiombo di più di 150 metri.
Ci arriviamo in un piovoso pomeriggio che ci ricorda che siamo ormai in autunno inoltrato, e mi rallegro di essermi portata una giacca impermeabile, gli scarponi da montagna e i calzini pelosi.
Ronda in un grigio giorno di festa è una città abbastanza deserta.
Il nostro hotel è in realtà una pensione ferma negli anni '70, dipinta di lilla e con dei terribili fiori finti appesi al muro della stanza e una tenda coi coniglietti nella doccia. Il riscaldamento/aria condizionata non funziona, perché siamo nella stanza 11 ma sul telecomando c'è scritto Habitacion 3.
A Ronda passeggiamo come cani bagnati a tarda sera, sperando che il giorno successivo il tempo migliori. A Ronda mi siedo in un baretto e poi in un altro, e mangio peperonata a pranzo e patate lesse coi peperoni a cena. Accompagnati da un tè caldo, che provoca l'ilarità del cameriere, che mi ha già guardata di traverso quando gli ho detto che no, non mangio neppure le uova.
A Ronda dormo raggomitolata con il pigiama felpato e i calzini umidi, e qualcuno bussa alla nostra porta dopo mezzanotte. Saranno quelli della stanza 3 alla ricerca del loro telecomando? Però fa troppo freddo per alzarsi dal letto, e così condanno anche loro a una notte d'inverno.
A Ronda la mattina dopo piove ancora, ed è un peccato perché le mie compagne di viaggio non possono apprezzare la bellezza del paesaggio di montagna e combattono il freddo mangiando zuccherosissime ciambelle.
A Ronda gironzoliamo per le strade della parte vecchia e mi sento in Scozia, e mi sento in Slovenia, e mi sento in Umbria e bevo caffè americano perché il latte di soya non ce l'hanno.
Da Ronda ce ne andiamo che sembra il Signore degli Anelli, la nebbia avvolge le montagne ed Elisabet le maledice tutte mentre guida.
A Ronda, città di bandoleros, mi viene in mente questa canzone qua



dov'è silenzio,
dov'è silenzio, dove...
dov'è silenzio,
dov'è silenzio,
dov'è silenzio, dove...

(Tutte le foto del viaggio le trovate qui)

7.11.12

3: Playa de Bolonia


Questa foto riassume la mia impressione della spiaggia di Bolonia.
Tranquillità, pace, silenzio, come fosse quell'altro mondo in cui non esistevano i cellulari, i bimbi giocavano nudi sulla spiaggia, le mamme non avevano le tette siliconate e i microbikini e al mare ci si andava a respirare l'aria buona.

A Bolonia ci siamo capitate per caso.
Quando ho annunciato che avrei fatto un tour dell'Andalusia, in molti mi hanno dato consigli e dritte. Io però non ho avuto tempo di organizzare niente, e così questo era l'unico nome che mi era rimasto in mente, solo perché Bolonia è anche il nome spagnolo della città di Bologna, e mi pareva strano.
Non ho cercato informazioni, e come spesso succede è stato meglio così.

Wikipedia me la sono letta dopo, http://es.wikipedia.org/wiki/Playa_de_Bolonia e in spagnolo ci racconta che questa spiaggia è lunga quasi 4km e larga una settantina di metri. Che è riserva naturale, ed una delle ultime spiagge vergini della Spagna meridionale.
Che ci sono sul cucuzzolo della collina delle rovine romane, e che là intorno dopo i Romani c'è andata a vivere poca gente, e per questo le dune si sono conservate.

Ci si arriva per stradine perse nel verde e tappezzate di campi di mucche, pecore, tori e mulini.
Si parcheggia e ci sono poche case bianche, un baretto, un ostello e nient'altro.

E poi si scende sulla spiaggia, che sonnecchia pigra in un giorno di novembre che sembra giugno, e ci si libera delle scarpe, e della maglia a maniche lunghe, e si sguazza nell'oceano fino alle ginocchia, e si affondano i piedi nella sabbia, e ci si pente di non aver messo il costume in valigia.
E si sfidano le dune, una salitona che non finisce mai, che ti fa sudare e ansimare e che ti inganna.
Perché poi dopo 20 minuti passati a scalare sabbia, arrivi in cima e il mare non si vede dall'altra parte, ma ti ritrovi perso nel verde e crolli esausto.

E ti siedi insabbiato a guardare il mare e le montagne, a perdita d'occhio, a farti sbaciucchiare dal sole autunnale, a pensare a come sarebbe vivere lontano da tutto, senza supermercati, senza negozi, senza traffico, senza rumore, senza, senza, senza ...

È un sogno a occhi aperti, che dura una tarda mattinata, a pensare a quei romani furbacchioni che se ne andarono dalla capitale Roma Caput Mundi, e arrivarono a questa spiaggia, a questa pace.

(Tutte le foto del viaggio le trovate qui)

6.11.12

2: Tarifa

Come vi ho detto nel post precedente io a Tarifa c'ero già stata 12 anni fa, di passaggio veloce veloce in primavera.

Tornarci in autunno non ha fatto una gran differenza, da quelle parti fa sempre abbastanza caldo e c'è sempre un sacco di vento, e infatti Tarifa è il paradiso dei mulini a vento, dei surfisti e degli amanti del kitesurfing.

Noi, ovviamente, non abbiamo visto neanche mezzo cavalcatore di onde , perché abbiamo beccato gli unici 2 giorni dell'anno senza vento.
Ci siamo arrivate di sera tardi, dopo essere state bloccate alla frontiera di Gibilterra, senza sapere se ciò che vedevamo intorno a noi nel buio pesto era terra o mare.

Tarifa è il punto più a sud d'Europa, dove l'Atlantico e il Mediterraneo amoreggiano e si uniscono, uno verdolino e freddo, l'altro azzurro e pacifico, sotto lo sguardo immobile del Marocco, che si trova dall'altra parte, a soli 14km dalla Spagna.
Si può passeggiare fra le due acque di oceano e mare, su una stradina sgarrupata che unisce la terraferma a La Isla de las Palomas, - che però è chiusa al pubblico -  e ci si può fare una foto con l'Atlantico incavolato da un lato, e il Mediterraneo pacioso dall'altro.


Tarifa è una città consumata dalla salsedine. Credo che abbia vissuto un periodo di gran successo fra surfisti ricconi, e ora invece mi pare in declino.
Quindi ci sono tanti bar e locali chiusi, edifici cadenti (fra cui il Castello di Santa Catalina, abitato da hippy e cani), e nessun turista in giro. Proprio come piace a me.

A Tarifa arriviamo esauste e dormiamo in un appartamento moderno e umidissimo, allietate dal suono notturno delle campane.
A Tarifa io ed Elisabet ci svegliamo presto e ce ne andiamo a passeggiare lungo la spiaggia, e io ritrovo il Castello di Guzmán el Bueno, che ricordo dalla mia ultima visita alla città. Guzmán accettò che suo figlio fosse sgozzato per non abbandonare il Castello in mano al nemico che lo assediava.

A Tarifa trovo una rosa dei venti coi nomi di tutti quelli che soffiano da queste parti, Tramontana, Mistral, Lebeche, Mediodía, Siroco, Levante, Gregal e mi ricordo quando da adolescente volevo entrare in Marina e vivere sull'acqua..
A Tarifa se passeggi sul lungomare il cellulare ti manda un messaggio per darti il benvenuto in Marocco.
A Tarifa ti viene voglia di lasciare tutto, smettere di lavorare, dimenticare gli obblighi, non pettinarsi neppure la mattina, e sedersi davanti al mare a scrivere una storia, di quelle di venti che litigano e di mari che amoreggiano, che però come al solito non finirò mai, perché è già mezzogiorno e ci rimettiamo in marcia verso le dune di Bolonia.

(Tutte le foto del viaggio le trovate qua)
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Per chi fosse wikipedia dipendente come me, i nomi dei venti in italiano sono questi:
La rosa dei venti più semplice è quella a 4 punte formata dai soli quattro punti cardinali:
  • Nord (N 0°) anche detto settentrione o mezzanotte e dal quale spira il vento detto tramontana
  • Est (E 90°) anche detto oriente o levante e dal quale spira il vento detto levante
  • Sud (S 180°) anche detto meridione e dal quale spira il vento detto mezzogiorno oppure ostro
  • Ovest (W 270°) anche detto occidente o ponente e dal quale spira il vento detto ponente

Tra i quattro punti cardinali principali si possono fissare 4 punti intermedi:
  • Nord-est (NE 45°), dal quale spira il vento di grecale (chiamato anche greco)
  • Sud-est (SE 135°), dal quale spira il vento di scirocco (garbino umido);
  • Sud-ovest (SW 225°), dal quale spira il vento di libeccio (garbino secco);
  • Nord-ovest (NW 315°), dal quale spira il vento di maestrale (carnasein).
Punto cardinaleAbbr.DirezioneVento
NordNtramontana
Nord-estNE45°grecale
EstE90°levante
Sud-estSE135°scirocco
SudS180°ostro, austro o mezzogiorno
Sud-ovestSW225°libeccio
OvestW270°ponente
Nord-ovestNW315°maestrale

4.11.12

1: Gibilterra

Frenesia da ritorno post-minimaxiviaggio.

Valigia da disfare, lavatrice da stendere, ore di sonno da recuperare e domani di nuovo al lavoro.
Per cui le mie avventure per l'Andalusia ve le comincio a raccontare oggi, ma poi continuerò durante la settimana.
Sono stata a gironzolare per il sud.
Viaggio organizzato in 4 e 4 8, con Elisabet (mia ex alunna di italiano), Monica (conosciuta nel gruppo facebook dei Comenius italiani di quest'anno) e Tereza (comenius ceca che come Monica vive ad Alicante quest'anno).
Io sono stata parecchio incasinata al lavoro ultimamente e quindi ho lasciato che Elisabet prenotasse tutti gli hotel. L'itinerario l'abbiamo scelto un po' a caso, tu dove vuoi andare e tu dove sei già stata e via.

Io volevo vedere Gibilterra (che geograficamente è in Spagna, ma politicamente è Regno Unito!) e Malaga, e poi siamo passate per Tarifa (dove ero già stata nel 2000), la spiaggia di Bolonia, Ronda (già visitata pure questa nel 2000) e Granada (dove avevo vissuto nel 2003, e dove non tornavo dal 2004).

Oggi vi racconto di Gibilterra.

Ero proprio curiosa di vedere questo pezzo di Regno Unito in terra spagnola.
Di Gibilterra sapevo solo che ci vivono una colonia di scimmie e che la Rocca è al centro di mille contese fra la Spagna e il Regno di sua Maestà Elisabetta.
Me la immaginavo un mix fra Miami, Andorra e San Marino, una specie di terra di nessuno con i casinò, gli uomini con il sigaro in bocca e niente IVA.

Ma non avevo pensato che geograficamente è pur sempre nella penisola iberica meridionale, è quindi questa dipendenza d'oltremare del Regno Unito è uno strano mix culturale e linguistico di inglese, spagnolo ... e ligure. Infatti - l'ho scoperto leggendo wikipedia, - a Gibilterra nel XVI secolo si insediò una comunità di Genovesi, e così il dialetto Llanito che si parla sulla rocca risente anche delle influenze del dialetto genovese.

A Gibilterra si entra mostrando carta di identità o passaporto alla frontiera, e ci si ritrova a attraversare una strada che costituisce anche la pista di atterraggio dell'aeroporto della rocca (per cui se c'è un aereo in arrivo o in partenza il traffico viene bloccato).

Sulla Main Street si ritrovano parecchi negozi britannici in cui si può pagare in euro o sterline, fra cui - per la mia felicità - anche il negozio in cui mi rifornisco di prodotti vegani.
Ma Gibilterra non è Miami, e la crisi si è fatta sentire anche da quelle parti. Ci sono quindi un sacco di negozi chiusi, e l'impressione generale che ne ho avuto è come se fosse un quartiere periferico di qualche città britannica. Che su di me esercita il fascino della urban decadence che tanto amo fotografare, per cui ho fatto come al solito una marea di foto (pubblicherò il link dell'album nell'ultimo post dedicato a questo viaggio!)

E la nostra giornata è andata così:

abbiamo trovato un parchetto dove fare un po' di esercizio, poi una passeggiata per la via principale, e poi alla ricerca delle scimmie sul far della sera ci siamo perse su per la montagna e siamo finite ad attraversare anguste gallerie e a calare giù quando anche il sole era già calato.

Le scimmie non le abbiamo viste (a parte quelle di peluche dei negozi di souvenir), in compenso abbiamo visto maschioni sudditi di sua Maestà tatuatissimi, cannoni, resti di fish and chips abbandonati, navi all'orizzonte e ... fila!
Quella che ci hanno fatto fare, di circa un'ora, per uscire dal Paese.
A causa dei conflitti fra la Spagna e il Regno Unito per il controllo della Rocca e delle acque circostanti, i due Paesi si boicottano in vari modi, fra cui appunto quello di creare ingorghi allucinanti all'uscita dal Paese.
Aggiungiamoci pure che era festa e che noi non sapevamo nulla di nulla della faccenda, ma a un certo punto abbiamo pensato che i poliziotti britannici fossero impazziti, perché hanno deviato il traffico verso la spiaggia, ci hanno fatto fare una sorta di rally, passando a 1 metro dall'acqua, gira di qua, gira di là, per poi tornare al punto di partenza, cioè alla fila per passare i controlli doganali - pur non avendo niente da dichiarare.
Quelli di Gibilterra dicono che è una strategia di vendetta del governo spagnolo, ma chissà chi ha ragione in questo caso. Io non voglio entrare in questioni politiche, perché la sola idea di Nazione e confine è del tutto artificiale e i cittadini hanno votato due volte a favore di restare parte del Regno Unito, avranno i loro motivi.
Avevo però la curiosità di visitare una delle dipendenze di oltremare del Regno Unito e che il mio telefono spagnolo mi dicesse: Benvenuta a Gibilterra


(Tutte le foto del viaggio le trovate qui)